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date » 21-06-2019 11:47

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tags » leica q2 banding, brand secolare leica, fotografia digitale, leica m 8 truffa,




Noblesse oblige...mica tanto

Leica un vecchio brand(y) del Novecento alle spalle che oggi gioca con allure o specchietto per allodole in un modo di umanoidi specchianti. Tant'è vero che un fotografo di “buon senso” mai e poi mai metterebbe al collo una Leica, ancor più se ad ottica fissa che si riempie pure di polvere (!?).
In media res va, e per farlo ci affidiamo ben volentieri allo yankee di turno che, de gustibus, funghetto notturno scopre l'acqua calda: vale a dire malfunzionamenti e si lamenta pure, il funghetto. Per chi non ha testa a spartir orecchie la cosa ricorda è già successa in casa Leica con la famigerata M8, poi 8.2...una truffa teutonica, e qualcuno lamenta spread del Terzo Reich in veste, ecco, di Frau Merkel und similen.
Leica, quindi, che regala belle bande, che senz'altro donano valore “aggiunto” alla sua fame più che notorietà: banding non olet mentre i funghetti si avviano alla cassa contrariati. Allure? No thanks!

Two Issues I Had with the Leica Q2 in the 1st Month: Dust and Banding


Man fotografo sin dal 1969



Immagine iscritta in unico cono di luce apparente, sebbene tra le due immagini corra un trentennio e più: a sinistra lastra 10x15 Fujichrome 64 RTP su banco ottico Cambo (analogico) e luce artificiale di Nitraphoto lampada da 150 Watt in ombrello diffusore; a destra file Olympus E 20 (digitale) con luce naturale finestra. Tuttavia il sotteso still life, modus operandi, è identico e la E 20 si comporta da "normale" banco ottico


E tra le due camere pari “lentezza” operativa con l’aggravante e non di poco di vedere il mondo sottosopra sul vetro smerigliato del banco ottico; tutto in manuale senza possibilità (tranne all’epoca il test su Polaroid) di fuoco automatico diaframma...di quelle benedette diavolerie viceversa che solo il digitale consente, nell’abbreviare o collegare immaginazione e scatto finale in pochi attimi e manco questo se via tethering!
Lentezza che significa, poi, concentrarsi su quello che si sta componendo, che è molto più della “previsualizzazione” di Ansel Adams memoria: uno scatto e via. O c’è o non c’è. Scuola di fotografia tant’è vero che il buon Gastel (stavolta lasciamo al palo l’insulso Jovine a pendant) riciclatosi sedicente artista con le stesse Polaroid per sarti una volta oggi appese in Gallerie ruffiane e mezzane, lo ricorda nella sua agiografia scritta da sé medesimo.
Operatività o lento pede, ecco, si trova anche in quel ordigno a nome Olympus E 20, acquistata a scoppio ritardato (all’epoca era un botto sebbene abbordabile senza accedere a mutuo ipotecario) e in sorta di “verifica” delle cose lette e ascoltate: si ricorda ancora del fotografo fiorentino, e sue immagini con la Olympus ad una sfilata di moda (!) mentre attendevamo in quel di Alberobello con tanti fotografi di giro, tra cui l’intramontabile GB Gardin, lì per workshop sotto l’egida del Curtis in salsa milanese.
Tutto vero e all’inizio abbastanza sconvolgente, tranne l’autofocus reattivo all’istante e con luce di abatjour, la E 20 digitale di vent’anni addietro un discreto miracolo. Quanto al resto, c'è anche l’oscuramento del mirino, tipico ribaltamento specchio di ogni reflex Anni Settanta: proprio così ed esposizione impeccabile e colori che fa Agfachrome 50 (inversione doppia esposizione non chimica) nota per la sua resa lieve e non chiassosa Yankee style delle Kodak: tutte.
Insomma la E 20 digitale dal cuore analogico, tuttavia, sforna file Tiff incredibilmente nitidi. Sì scritto Tiff, che anzi avvento del fasullo Raw (tanto poi si aggiusta tutto in Pshop o noblesse oblige Lightroom, uso dire i cretini falliti) era la codifica "ordinaria" su le Olympus di ogni ordine e grado: lossles al netto di 15Mb di peso! Si è possibile anche lo Jpg SHQ ed Orf l’equivalente Olympus Raw…mai demosaicizzabile come Iddio comanda e mai usato. Gamma dinamica? Stile diapositive e ci fermiamo qui per chi intende di fotografia: quante altre volte si scriverà che le immagini prodotte da qualsiasi digitale poi finisce per essere “vista” su schermettucci di iPhone Android e compagnia cantando? A muro dite? Vi ci si dovrebbe mettere con davanti il plotone di esecuzione! A muro…pensa te che visto a decine se non centinaia di metri di distanza più che i dippiai è l’occhio che va a puttane, e non distingue più un c…artellone stradale dall’altro. Quanto al sottovetro di Galleria, figurarsi se l’acquirente gli frega dei dippiai, basta sia copia “certificata” (si chiede all’oste se il vino è buono) da Epson via Digigraphie, con tanto di timbro a secco! Consigli per gli acquisti va che gallina vecchia che fa buon brodo a patto che il manico dello chef…

Man fotografo sin dal 1969


Olympus Camedia 5060 Wz (point&shoot come quella usate da Alex Majoli della Magnum Agency) Iso 80 1/30 a f 8.0. Luce naturale di finestra di primo mattino invernale, dura e contrastata al punto giusto, tazzina di caffè non ancora ultimato e il "manico" di Manunzio nel riprendere la scena: scusate se è poco!


Nun ce scassat' 'o cazz'

Interno, sole aspro all’orizzonte che irrompe dalla finestra. Inverno. Domenica: con la tazzina di caffè che vi siete preparati entrate nel soggiorno, e dopo aver dato lo sguardo solito al di là dai vetri poggiate la tazzina di caffè non ancora finito: un attimo. Inquadratura dell’occhio e la mano che afferra la digitale che portate nello zaino. Qualche scatto per “assaporare” per intero la scena. Poi con calma a Pshop Elements non “professionale” ma che esegue magnificamente bene gli stessi comandi della versione “Pro” dei sedicenti professionisti, a salve lavora l’immagine. Come al solito, parentesi, è tutta una questione di pro-forma che fa sì che una foto acquisti, sic et simpliciter, l’aura di “professionale” solo con Adobe XYZ casomai pure cloud! Chiusa parentesi.
In Elements, grazie anche a Tonality per Mac: computer per professionisti e per antonomasia: e mo’ che volemo fa? Plug in che conferisce quella “carica” che si vede ad immagine.
Fine prima parte. Inizio secondo tempo ché l’immagine è stata “premiata” a Web dal taste Yankee in primis, che dimostra oltre ogni ragionevole dubbio a telecomando che la foto è “universale”: se la capiscono gli ameri + cani…
Siché come si fa la conta dei minchiapixel sempre più visti a smartphone per la piu’ bella foto del reame? Quale full frame serve? La mezzo formato è decisamente meglio, e se sì: Fuji Leica Pentax o noblesse oblige Hasselblad naturalmente tetheringata tanto figa su Capture di PhaseOne “professionale”? Quale versione “professionale” di Pshop serve? Quale Raw per falliti che tanto poi ci pensa Pshop e/o Lightroom? E nel caso di questi (la nostra è una tosta e vetusta 5.5) quali sliders sono usati e certificati da influencer a pagamento retrostante? E la luce, e il diaframma, e le fesse (anatomia femminile e qui lo slang certifica un moto di discreta ira) delle vostre mamme, no? Ma nun ce scassate ‘o cazz’…prezzolati d’accatto a libro paga per la giostra degli acquisti!

Man fotografo sin dal 1969

Ps. L’immagine è la prova N di come si può dare scacco matto al “supermarket” planetario del pensiero Unico a nome Getty Images et simila, venditrice nientemeno che di banane/immagini caramellate Yankee style da usare per l’abbisogna anatomica retrostante di creativi del Terraqueo:“Lasciate che i morti seppelliscano i morti” Lc 9, 60

Pss. I "pro" mica vanno su siti di sharing photo, no certo ma usano le loro paginettine su Facebook per verificare quanti "fallowers" seguono: casomai i numeri non son proprio quelli come se ne legge da mane a sera proprio a Web. Niente di nuovo sotto il cielo del "market" e della giostra per gli acquisti. Viceversa chi non ha reticenza alcuna, senza visto di categoria a pagamento, ecco, posta per verificare quanto ampiamente già si conosce, e detto poco sopra; della capacità di universalizzare tanta parte degli scatti su rigorose point&shoot Olympus, come pure su E1 E3 E510...



Olympus meravigliao

Olympus ma che ti metti a fare: pure nuove lenti in livrea bianco canonista che ti ha invaso il campo? Il fatto che proprio l’altro giorno parlavo della “ditta” non mi esima dal dirne quando su qualcosa che pare peto che altro. Vero è che c'è scorreggia e scorreggia ma pur sempre “vento anale”. O di quelle dispute teologiche che poco ci appassiona, non la Teologia in quanto tale, eh avessi voglia! Insomma si vede benissimo che siamo alla fine d'un Mondo, d’una tecnologia che puoi solo e soltanto imbellettare come i 50 Mega (immagine interpolata meglio stitching) come già ci aveva abituati, noblesse oblige, Hasselblad con il suo dorso da 25 Mega che “slittato” ed interpolato diventa 50 100 1000 Megapixel o come vuoi tu. E poi si dovrebbe parlare di arco riflesso, sclerosi congenita di fotografi che attaccati, ecco, ad un brand(y) vuoi che cambino in Z come Zorro, una mirroless (meglio tardi che mai) canonista una (buona?) pippa Fuji o filmocamera Panasonic? E poi certi paragonitra brand(y) quanto si dovrebbe parlare di Forma mentis. E se proprio proprio da spararsi nella zucca il fatto che tutto, e dicasi tutto, finisce su uno schermettimo di smartphone, e se va bene a tablet oppure “obsoleto” desktop. Quanto alla réclame stradale, basta ed avanza i display in ogni dove! Beh certo un posterino ancora (?!) stampato a muro (di esecuzione?)per i nostalgici…Quindi? Spiace Olympus che ti accodi, capisco bene che il “progresso” non ammette soste ma anche la tua nuova dalla sigla impossibile (!) nasce morta: tablefonini uber alles. Mettitelo in testa ancor prima che qualche altro, più che fartelo comprendere, lo mette…

Per delizia di palati fini su la “nuova” Olympus da 43 rumors
Olympus E-M1X officially announced

Man

Ps. La parola "meravigliao" si rifà a Renzo Arbore in Indietro Tutta e anche solo testo

Pss. Pss. Al minuto 43.00 c'è una scena di sabbia e vento che ricorda, un caso senza dubbio, la presentazione della E1 Olympus (video con speaker coreano! quando una volta non solo la versione inglese ma anche il back stage e dove il vento turbinoso altro non sono che pale di elicottero...) come dire che certe discendenze...la classe non è acqua!

Noblesse oblige





Anche in tempi analogici pur di sbarcare il lunario ad ogni costo s’inventava di tutto e di più, e certi brand(y) poi: la solita infernale macchina del danaro! E volete voi? Ante cosiddetti slide show (niente a che vedere con Ppoint o l’emulo Keynote aziendali, ma dei “filmati” a tutti gli effetti, immagini fisse ma in “movimento” il loro must) bisognava usare i famigerati Carousel di Mammasantissima Kodak, o altri diaproiettori come ne avevamo e sincronizzati in numero minimo di due. Una faticaccia con Triac & ballac’ e lentezza indicibile, ma ne valeva la pena (!) quando in dissolvenza compariva la “terza” immagine: oh paisà non è che quando parlo con te bisogna iniziare sempre da Adamo ed Eva…motorizzati su Internet e se ti fa piacere cerca e vedrai, ecco, di cosa veniamo dicendo.
Erano in definitiva e non altrimenti immagini, sì, in dissolvenza da 135 o formato Leica che dir si voglia e mica mastodonti 120 detto formato “professionale” seipersei. E volete voi? Hasselblad scese in campo con un carrarmato di diaproiettore: chi l’ha comprati (regine imperatori?) e mai visto in funzione è Mistero misterioso, c’era a catalogo e tanto basta. Certo a dir vero usavamo anche un Rollei seipersei per “didattica” di poveri figli delle scuole superiori, costretti a sorbirsi l’immagine “fissa” ma seipersei e commenti di certi relatori da ammosciare anche il più turgido degli “argomenti” maschili!
Hasselblad in particolar modo spacciava sta storia dei proiettori seipersei come ineguagliabile nitidezza (!) quando poi al cinema su schermi a metro quadro si proiettava film girati in trentacinquemillimetri, e mai nessuno a dire della nitidezza (!) manco il più imbecille dei critici. Noblesse oblige quanto vuoi ma le allora multivisioni su Carousel Kodak erano, e restano, imbattibili se rimaniamo in ambito analogico. Viceversa in digitale siamo alla libidine con fiocco e contro c…E in ambedue i casi niente mai potrà eguagliare l’immagine fissa ma in “movimento” su qualsiasi streaming presente e futuro: questione di forma mentis dell’umano(oide). Certo quando i robot li sostituiranno, sempre l’umano(oide, beh ma allora…

Man


Ps. A scuola elementare negli anni Sessanta trascorsi avevamo l’obbligo (ob torto collo) di assistere alla “diaproiezione” con dei cosi somigliante a piccole stufe grigie verticali, con obiettivo e porta “filmine” la striscia di non si sa quale formato che il maestro faceva scorrere attraverso feritoie. Immagini forse di “africani” martoriati dalla fame (prodotta dall’Occidente, noi) o angelicate figure di mistici: frati suore, che ancora come l’odierno non si “accoppiavano”. E non ne ricordiamo una: sarà per questo che la legge del “contrabbasso” così chiamavamo i gironi del rosacroce dante che mi ha portato a farne di “filmine” e più generale fotografie. E pensare che mi piaceva il lavoro di mio padre: rubivecchi (la Crusca Accademia dopo b pretende manu militari la vocale o, ma lo dimo alla romana…). Senonché lassù e vai tu a sapé il Karma…

Compravamo pane e...lampadine flash



Tra la parabola di sinistra e destra passa un buon ventennio (pare che in Italia sia la misura del tempo Ventennale…da certo Palazzo). Epoche geologiche al cambio odierno digitale. Si noti la tabellina impressa sul flash di sinistra, marchiato ancora Ferrania made in Italy. Le impostazioni prevedono un tempo sincro di 1/25 oppure 1/30 (!) e pellicola di 80 ASA con relativa apertura di diaframma adatto per un soggetto “medio” o l’altrettanto notorio grigio Kodak 18% delle sue tacche: oggi usa ColorChecker Passpor. Tuttavia per certi lavori sul set fotografico si è inserito le “vecchie” tavole Kodak per facilitare il compito ai litografi digitali per la Chimera detta “bianco”. Immagine con iPhone 4 su cartoncino Fabriano 4 e bank naturale di finestra agostana di primo mattino


Si certo c’erano salumerie dove l’acquisto del pane era abitudine consolidata (i forni sfornavano come secoli precedenti e la mamma ogni tanto vi portava a cuocere di tutto, biscotti compresi…) e d’altronde la mattina presto era rito l’acquisto dal salumiere Amedeo di piccole pagnottelle fragranti per il tuffo nella tazza (enorme) del caffellatte prima della scuola; o per meglio dire, sì pane, ma accompagnato da biscotti Saiwa Bucaneve o Frollini…
E con pari passo, certo non mattutino, si andava da Foto Bucci il grossista della città a comprare lampadine per flash. Già proprio così. Si perché mica c’erano i flash come adesso che se andate su Amazon (vabbene pure noi l’usiamo con parsimonia) per pochi euro ve li tirano dietro (poi non lamentate se vi inondano per l’Eterno via mail dei loro consigli d’acquisti…) con o senza il famigerato TTL: ohh manco il calcoletto della distanza (obiettivo-soggetto) fratto l’altrettanto famigerato NG (numer guide) per ricavarne l’esposizione “esatta”. Macché su la slitta (hot shoe à la page) ci schiaffate un qualsiasi TTL et voilà le jeux son fait: Time is money e la vita breve è.
S’andava, quindi, dal grossista ad acquistare lampadine flash, tante quante gli scatti (risparmiosi) dell’evento: compleanni et simila. I temerari si spingevano finanche on street…Easy rider e l’Amerika (kappa kome killer) faceva scuola, certo per i danarosi.
Lampadine in formato mignon contenete, mi pare, magnesio e qualcos’altro che a contatto elettrico andava in combustione con tanto di “lampo”. Certo lampadine protette da lacca e non esplodenti…che immortalavano per l’appunto l’evento davanti l’obiettivo, quando non si poteva fare a meno del lampo. Infatti (noblesse oblige?) la regola voleva che anche di notte (!) l’uso della sola pellicola “tirata” a 1600 ASA altro che i moderni centoventottomila e rotti (i visori notturni e d’assalto da mo’ che esistono…) l’antesignano dell’odierno ISO: amerikanate…del Nulla

Man


Ps. Flash Cullman degli anni Ottanta e di pregevole fattura (un modulo poteva trasformarlo in TTL) che efficacemente qui illumina, su la destra, il set di vetri per still life; lampo schermato da foglio traslucido per disegno tenuto con due assi di legno a mo’ di finestra. La vignettatura è ottenuta in LTR come la conversione in bianconero

Cullman DC32

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Occhio come mestiere




Berengo Gardin è sempre un piacere l'ascolto e di un vecchio lupo di mare, del bianconero. E nella chiacchierata dai tratti irriverente (da un romano che t'aspetti de più) il sapere antico sapienziale dell'artigianato, ovvero sia di come l'immagine ottica dalla presa (su Leica M noblesse oblige) sino alla stampa era un che di alchemico: quante volte lo si scriverà deve ancora?
Il fatto stesso di stare al chiarore di una fioca luce (!) e cavarne dalla bacinella il più classico dei trentaperquaranta, limite estremo di un buon negativo 135 o codifica Leica appunto, è un qualcosa che non si può descrivere neanche con il più cristallino prosatore: un esperienza da presa diretta e null'altro che questo è l'alchimia del bianconero cui padroneggio il nostro Berengo Gardin non pare essere secondo a nessuno; anche senza la “dedica” di Henry Cartier Bresson, un Massone eclettico blasè, ma non ditelo in giro: n'est pas?

Intervista a Berengo Gardin
https://www.youtube-nocookie.com/embed/nPQX84Mx8zk

Man


Ps. L'importanza di certi nomi non mai acqua fresca, ci mancherebbe, e quando il Maestro non ci sarà più tireremo dall'archivio in soffitta la lettera all'indirizzo del Presidente Azeglio Ciampi, e ministro Urbani Beni Culturali, ché concedesse il Titolo di Cavaliere per meriti di Cultura a Gianni Berengo Gardin, che il cielo lo conservi lucido e in buona salute ancora per molti anni

I libri di Man




Abstract here to speak of books, and their reliable soul, when everything around seems to fall



Nella stanza “bunker” dove ci sono pure le Olympus, su la mensola la sfinita C 5060 Wz dell’archivio fotografico e di ciò che vedete su Getty Images; le analogiche Rolleiflex Yashica Electro ancora funzionate dopo più di cinquant’anni, poi cavalletti stativi dietro la porta, di fianco il divano la borsa con dentro le ottiche Olympus con la gloriosa E1, E3, E510. E più in là una borsa metallica (quella che serviva ai fotografi a bordo campo per starci seduti sopra e molti filmati d’epoca ne dànno conto) servita il giorno che il Presidente Sandro Pertini (un grande) nel post sisma ottanta venne ad inaugurare la tanto attesa Università di Basilicata (dove zitto zitto pure abbiamo tenuto lezioni di fotografia ma non ditelo a nessuno). E ora nella scatola metallica, passata per borsa, c’è di tutto e di più compreso una mini livella: quella da muratori che uso per riproduzioni. E piena di filtri Cokin con ancora attaccato il prezzo in lire, costavano all’epoca un botto e pure di plasticaccia ma con allure della griffe francese e made d’un fotografo, favore di un fotolaboratorio (un giorno venne a tener lezione tale Lanfranco Colombo da Milano, che rimase di stucco davanti le mie trentaperquaranta bianconero, lamentando solo che, noblesse oblige, erano stampate su Politenata e non su Baryta Ilford che pure usavamo) colore del Vulture che adesso non c’è più.
Bunker con il tavolo, a latere televisione panoramix, e l’immancabile Mac, noblesse oblige pure qua, che fa il paio nell’altra stanza del figlio grafico di Sky. Mentre il portatile Winzoze come uso dire, dell’altro figlio l’usa come…televisore: digital generation.
E ancora bunker (spesso dico ai profani che vi entrano di comportarsi come si va in chiesa e il grafico figlio fa l’esatto opposto, chissà di chi ha preso…) della mia Cancelleria lo scaffalone dei libri e paio del dirimpettaio, con Enciclopedie e saggistica fotografica, sopra la mensola fianco a fianco alle Analogiche macchine cui si è detto. Ma più in là, nella nicchia ricavata che prospetta la cucina (non di solo pane vive l’uomo, no?) altra scaffalatura di classici e su tutti la Storia della Letteratura Italiana e Storia della Fotografia per i tipi, uso dire, della Einaudi. Vero che anche il comodino ne è pieno, finanche la testiera del letto, una volta fatta, come minuscolo scaffale, a contener libri anzi la notte. E riviste fotografiche a tonnellate che un giorno ho regalato alla Biblioteca Nazionale del Capoluogo della regione che si (s)fregia alla Giano bifronte di due nomi: uno aulico l’altro da servo curiale bizantino. Biblioteca dove c’è un piccolo reparto di classici su la Fotografia che ottenni all’acquisto con le “buone” dal direttore, che non fiatò anche perché quando doveva riprodurre sue cose le voleva solo e soltanto da me, sebbene fosse circondato di impiegati “fotografi” o in città da fotonegozianti che si fregiavano del titolo, uno addirittura cacagl’ o balbuziente come Ernesto Salinardi, ladro di fotografo; e un giorno lo vidi fasciato la mano armeggiando, immagino volesse aprire come scatoletta di sardine, il suo pisciatur’ (pitale ma qui in senso lato) Nikon digitale che odiava da cacagl’ come tutto il resto).
Libri che quando c’è stato e per molti anni il cielo congiunto alla linea dell’orizzonte con in mezzo chi scrive, e del tutto innocente, han fatto compagnia più e meglio del pane che a volte è mancato per la pusillanimità di “certuni” che oggi sono stati rinviati a giudizio. E poi certi altri, sodali di quelli, non pensano che il Tempo è Galantuomo. Sempre!

Man

Le parole delle immagini



La copertina di accesso a Fotopark con un Mimo di bianco e occhi cerchiati, perché non direttamente uno teschio non è dato conoscere. Foto naturalmente bianco & nero siamo pur sempre sul sito Leica: à la page. E decodificando ancora il volto bianco, di persona. Parola dal latino che riprende dal greco: maschera. Si siamo, in quanto persone delle maschere: secondo i manovratori del vapore germanico qui in formato Leica (digitale corrente)c’est tres chic


Abstract
sharing dummy photos on Web or Agency stock photos is disappointing because you see same images, again yankee taste, but and above all the agencies claims new ad fresh photos: a contradiction in terms



Una discreta esperienza di “sharing” ce l’abbiamo: come al solito prima fo e poi ne riporto. Immagini per la Rete, dunque, dalle orripilanti di Pinterest o Instagram tranne lodevoli eccezioni si capisce, il gusto è greve e mortuario: si dice post moderno o meglio post mortem, no? Qui più che altro s’intende quelle piattaforma come 500 Pix, ma pure National Georgraphic e altri che ho personalmente disdetto ché nauseato e schifato; da ultimo Fotopark di Leica (per le foto dichiaro prese con Olympus su sito Leica! Si dalla noblesse oblige però non disdegna Panasonic, le sue sono ritargate e blasonate e carissime con logo Solms, che insieme a Olympus da Quattro Terzi a Micro…classe sì ma pecunia etc etc etc) dove trovate pecorelle a non finire fiori gatti e bau bau: la foto del pargoletto l’immancabile ponte di New York et simila, il Colosseo dei soliti turisti, se state in Italia, o la Tour Eiffel dei transalpini. E i paesaggi? Naturalmente desolati nordici e una rottura di cojones dei soliti Canyon Stars&stripes: paesaggi all’infinito e in “rigoroso” bianco & nero” meglio filanti effetto flou e di filtri ND, alla Salgado il satanista (un’altra volta please). E le immancabili uguali uguali Metropoli (o loculi a cielo aperto). Tutto qua. E mogl’ a iddie (per carità) qualcosa di diverso, si guasta la giostra degli acquisti. Senza dire che poi sempre i blasonati, ivi Getty images de facto l’unico detentore planetario dell’immaginario terrestre, voglio e pretendono pure immagine “cool” che in italiano suona malissimo per certe…assonanze anatomiche. E fresh: infatti sono tutte ibernate e da obitorio. La giostra degli acquisti con fette di prosciutto su gli occhi e pretende “novità”: ah che s’adda verè paisà

Man


Ps. La cosa non ci colpisce più di tanto nel constatare che dalle Alpi a Manzanarre e dalle Ande agli Appennini e sino ad Oriente, i visitors “capiscono” le immagini che postiamo: però che fegato!

Pss. Se immaginate di crescere e farvi una vostra visione (fotografica) del cosiddetto Mondo con lo “sharing” state freschi, come ascoltare certe trasmissioni radio che sul Web si chiamano, pensa te, webcast: gli stessi “professori” e pari menate…liturgiche e si parla male di Mammasantissima Chiesa (Ecclesia è altra cosa ma non ditelo in giro che si incazza Mauro Biglino)

Gli aerei di Mussolini…Majoli & Co remake Home di Fujifilm



Abstract
the project Home of Fuji is a pure remake beacuse one decade ago Olympus was brand for similar project named "A Day in the Life of Africa" who more international photographers tried and used Camedia E -20 and more compact as C 4040, experienced opinion the later 2013 born the mithical stellar flagship E 1 and new format Four/Third that current day is reworked in Micro 4/3 of Olympus-Panasonic-Leica



Dunque gli aerei di Mussolini. Una metafora che non si usa più sostituita da fraseologia Yankee. Tuttavia il concetto è semplice: rotazione così come gli aerei di Mussolini, sempre gli stessi, ad ogni parata in giro per l’Italia dove il Duce si beccava la “flotta” enorme e smisurata…degli stessi aeroplani che passavano e ripassavano nei cieli d’Italia e del regno d’Albania…una pietraia che se non fossero intervenuti gli “alleati” tedeschi. Ma fermiamoci qui.
E Majoli anche egli insieme ai sodali vola di qua e di là: una volta con Olympus** che per prima partorì l’idea (A Day in the Life of Africa) adesso dopo un decennio e spiccioli ci riprova con gli “aerei” della Fuji. Ahi perché abbiamo stima della casa Verde (Gialla Kodak Argento Agfa e Bianco Ilford che sono già un messaggio e lasciamo in pace almeno sta volta Mc etc etc etc) con l’uso negli Anni Settanta del secolo trascorso della G 690 la “piccola” Leica di Fuji, ecco, ma in formato 6x9. Sì avete ben inteso: dicasi sei centimetri per nove e mica il francobollo detto, di nuovo, Leica. E dovremmo ben dire di Velvia che ha ammazzato il Kodachrome come già scritto, con la differenza che la “Belvia” era (ancora?) per il Process E-6 ad ogni angolo di strada, mentre Kodachrome lo dovevi spedire in "Germania" o chissa dove e per vedere le dia alias slide, ci mettevi tempo: dieci giorni o poco più, ma una festa per gli occhi e per quelli del National Geographic che l’usavano per riempire doppie pagine che se le scattavi con il seisei o noblesse oblige, sì, buonanotte!
Majoli e compari in fine ché pure lui tiene famiglia: Franza Spagna purché si magna. Questo per chi non intende o ‘taliano è un sonante modo di dire che ha sfidato i secoli: dalle compagnie d’armi al servizio ora dei Francesi ora degli Spagnoli tipo Giovanni delle Bande Nere, chi pagava e tutt’oggi meglio. Ah questo oui/si che è nel Dna dei ‘taliani, altro che pizza spaghetti e mantolino. A proposito vallo a dire alle straniere genti che invece della consonante t ci vuole quella dentale…ecco per mangiare meglio! Besenisse is usual paisà e niente di nuovo sotto il cielo, che qui stamani nevica. Miracolo e per una città di montagna (!) dove da ragazzi ci facevamo i tunnel di neve, e il Comune Capoluogo pagava schiere di spalatori su la Main street d’intabarrate genti!

Man

Progetto Home Fuji

**Olympus

Un giorno nella vita dell'Africa progetto (qui tradotto da Google ché l’originale è ignota lingua orientale) e da scorrere tutta la pagina dove trovate il Majoli e le stesse facce ché tengono famiglia trasmigrate del precedente Olympus day al Fujifilm event; ma so’ stranieri e pensa se la cosa fosse italiana (a parte Majoli) da farci i titoloni: Mafia. Ma loro sono bravi boys e, come sempre, Pecunia non olet!

Nb. I link sottostanti potrebbero non essere più consultabili (revisione Aprile 2024)
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Fotocamera compatta o reflex digitale: il fotografo della Magnum

Fujifilm camera alla "Leica"

1 G690
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